Poesia in pillole_Giorno di festa

Giorno di festa

Come chi dal sentier d’una foresta
tocca una valle fresca e sorridente,
bello è scostar dagli occhi lentamente
un dolce sogno e accorgersi ch’è festa.

È festa di campane e di paese
che la gente negli occhi ha tutto il cuore.
Ognuno veste il suo più bel colore,
la chiesa è calda di candele accese.

Smemorato dei campi, è sul sagrato
un altro sole e qui come un famiglio
gioca coi bimbi e ai vecchi dà consiglio:
conosce i campi dove han lavorato.

Tu, disciolta la treccia in verde lume
di specchio, scopri nuove grazie al volto,
come chi bacia l’acqua e beve a un fiume
nello splendor d’un cielo capovolto.

Bella la vesticciola di lanetta
che tua madre ha comprato ad una fiera
or sono quattr’anni, e che cucì la sera
pungendosi le dita, poveretta.

E sette baste fece a quella gonna
e una all’anno ne disfà, che cresci
e da bimba che sei ti farai donna.
Sei tu la primavera quando esci

e di freschi color rallegri il giorno.
È tua la festa, se oggi al cascinale
non toccherai la cenere del forno,
né il sapone t’andrà per il canale.

Lentamente ondeggiando in due colonne
muove dall’ombra al sol la processione.
In quel gaio ruscello d’orazione
t’han messo lì tra gli angeli e le donne,

e senza cero, che ti basta un fiore.
All’apparir dei bimbi sul sagrato
la torre getta un grido disperato:
crede che le rapiscano il Signore.

Mentre precedi la Madonna in trono
che per scettro ha un bambino così bello,
e sfogli dal tuo piccolo cestello
la rosa rossa che hai portato in dono;

e canti, come i grilli prigionieri,
in quel corretto che l’ascolta Iddio,
si volge il sole in accorato addio.
L’ombra cammina già per i sentieri,

i prati oscura, acceca le fontane
e tra le case va, straniera scalza;
la divorante sua statura innalza
e affida il suo lamento alle campane.

E se fu bello il dì, soave è questa
d’accorati ricordi ora segreta,
quest’ora d’agonia del dì di festa,
questo morir d’una giornata lieta.

Deponi il nastro, la collana, il tulle
ripetendo nel cuor, mentre ti spogli
lenta come una rosa che ti sfogli,
la laude d’un coretto di fanciulle.

Renzo Pezzani


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