La "signora Auschwitz" incontra gli studenti

"Io mi vergognavo per loro, avevo pena per gli assassini, per gli aguzzini" (Edith Bruck) 


A pochi giorni dal 27 gennaio (Giornata della Memoria) e solo due dal 10 febbraio (Giorno del Ricordo),  ho avuto la fortuna di partecipare ad uno di quegli incontri che ti lasciano il segno. Come tutte le volte che ho potuto accompagnare una mia classe ad un incontro con un reduce, un testimone o un sopravvissuto, ne sono uscita devastata. 
Come sempre, il silenzio ha accompagnato per lunghi minuti me e i miei ragazzi a fine incontro. Quel silenzio sacro, prezioso, catartico. Quel momento di pausa dalla vita necessario per la rielaborazione, la riflessione, la sintesi interiore. 

Partiamo dai necessari dati biografici. Edith Steinschreiber Bruck, nata nel 1932, è una testimone della Shoah, poetessa e traduttrice ungherese ma naturalizzata italiana. Adora il nostro  Paese, che ha conosciuto a partire dalla bellissima Napoli e nel quale ha trovato la forza di non aver più paura, di non sentirsi più "nuda". E infatti parla un italiano quasi impeccabile! 
Ma il suo non è stato un intervento fiume o un monologo (come altri, pur bellissimi, che ricordo ancora sulla pelle), bensì un racconto spezzato, costituito da una serie di risposte a domande degli studenti collegati online da tante scuole d'Italia. 
E così, piano piano, ci ha raccontato l'orrore, l'inferno, l'indicibile. Eppure il suo tono era calmo e piano, impastato di dettagli e di emozione. Ma mai di odio. Per quanto possa sembrare impossibile o poco credibile, la "signora Auschwitz" (come fu chiamata da una studentessa vari anni fa e come racconta in uno dei suoi libri più belli) non ha posto per il rancore nel suo cuore devastato. È troppo impegnata a vivere, a godersi le piccole cose, ad onorare la promessa fatta a chi fu meno fortunato di lei ("Raccontate anche per noi, se sopravvivete!"). Questa è la sua vita: parlare, raccontare, rievocare, consegnare alla memoria. Per contrastare i revisionismi, i negazionismi, gli antisemitismi e razzismi di ogni genere, che vede affermarsi sempre più ai nostri giorni. Ammette senza vergogna che per lei non è facile ("ci sono dei punti in cui mi rompo dentro"), ma che non per questo ha pensato di smettere. Neppure quando le è capitato di imbattersi nell'insensibilità di qualche studente (romano, per la precisione...) troppo limitato per assistere ad un incontro del genere ("Non parlo di mia madre bruciata mentre voi ascoltate musica. Uscite."). Anche in quel caso, lei ha pensato che quei ragazzi erano 5, mentre 495 erano rimasti in aula ad ascoltare... 
Un modo ottimistico e mirabile di vedere la vita, il suo. Sempre. Come quando, durante la sua prigionia nel campo di sterminio (di sterminio, non di detenzione o di lavoro!) riusciva a vedere "delle luci nel buio", '"un raggio di luce" . Un gesto, uno sguardo, un cenno che le confermavano che anche là dentro non erano tutti uguali! Ricorda ad esempio un episodio legato al momento del suo arrivo ad Auschwitz, in occasione della sua prima selezione: lei fu buttata (letteralmente) a sinistra insieme alla madre, ma un tedesco all'improvviso le sussurrò di andare a destra. In questo modo ebbe salva la vita, laddove sua madre fu subito cremata. 
Questa è la sua forma di religiosità: non odiare neanche chi le ha devastato la vita, fare del bene al prossimo, aiutare l'altro, rispettare il diverso, accogliere in ogni senso. Perché ricorda il suo inferno e anche il suo disperato tentativo di tornare alla normalità, dopo la liberazione del 27 gennaio 1945, quando aveva solo "bisogno di amore, protezione, di essere accarezzata, di essere accolta". 

Infine, per chiudere, il bellissimo e toccante monito ai ragazzi: "Studiate, leggete i libri! Voi sarete i prossimi testimoni! Io vi supplico di fare al posto nostro! Dovete farlo per il vostro interesse, per il vostro futuro, non per il nostro!" 

Per chi volesse godersi tutto lo splendido intervento, condivido il link del sito della Comunità di Sant'Egidio, che ha magistralmente organizzato l'incontro a distanza e che qui ringrazio pubblicamente. 



E ora corro a comprare la sua ultima fatica letteraria, "Il pane perduto". Innanzitutto per leggere la lettera a Dio in essa contenuta, di cui vi ha anticipato pochissimi cenni e che mi incuriosisce non poco, ma anche e soprattutto per rendere ancora più indelebile questo incontro...

Grazie, Signora Auschwitz. 🌹

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