Scuola: la proposta di Recalcati

Oggi che tutti parlano di "emergenza educativa", sarebbe bene tenere conto per una volta di quello che chiedono gli insegnanti, visto che i primi progetti di 'Recovery plan' per la scuola sembrano andare esattamente nella direzione opposta. 
Chiediamo, in particolare:
1) Il ritorno a una scuola della conoscenza ("organo costituzionale della democrazia", secondo Calamandrei, l'unico capace di trasformare i sudditi in cittadini) e la fine della sbornia burocratica e didattiche (κτλ) 
(...) 

4) La convocazione di Stati generali della Scuola, come occasione di un profondo dibattito democratico, che coinvolga finalmente gli insegnanti - dopo vent'anni di disastrose 'riforme' calate dall'alto - in un grande progetto di rilancio della Scuola dopo la pandemia;

5) L'utilizzo delle risorse del 'Recovery fund' per investimenti nell'edilizia scolastica e per una consistente riduzione del numero degli studenti per classe, indispensabile a un rilancio di un insegnamento approfondito e sostanziale e a una autentica rialfabetizzazione, dopo il lunghissimo periodo di 'didattica a distanza';

6) La scelta, finalmente, di un intellettuale di valore universalmente riconosciuto alla guida del ministero dell'Istruzione, come segnale di una svolta culturale, nella direzione di una scuola che torni a trasmettere conoscenza e a insegnare davvero.

Qualche settimana fa ho ricevuto da un'amica (che qui chiameremo semplicemente Michela) questo prezioso documento, a firma Recalcati; il testo originale è molto più lungo e articolato e facilmente reperibile in Rete. A me interessa discutere i punti che ho lasciato.
Partiamo dall'introduzione, che entra subito nel merito.

Non ci si può rendere conto di cosa sia realmente un'emergenza educativa se non si entra in classe la mattina. Parliamo di qualcosa di sottile, magari di poco percepibile, ma tangibile. Emergenza educativa è lo sguardo annoiato dei nostri studenti quando spieghiamo qualcosa che a loro non interessa granché. Emergenza educativa è la scarsa voglia di applicarsi per una verifica o un test. Emergenza educativa è la voglia di chiedere a brutto muso: "Ma a cosa mi serve?" (anzi, meglio: "Ma a che me serve?"). Emergenza educativa è pensare che la società non abbia nulla di gratificante da offrirti a livello lavorativo, qualunque sia il tuo titolo di studio. Emergenza educativa è - in questo momento storico- non avere la forza di uscire di casa per paura di essere ghermiti dal virus. Emergenza educativa è - a quanto ci dicono certi risultati di prove nazionali- non essere in grado di capire fino in fondo un testo che si legge.
Proprio per questo il primo punto parla di  "ritorno a una scuola della conoscenza", perché le conoscenze non escludono le competenze, le abilità, il saper fare! A mio modesto avviso le conoscenze hanno sempre fatto da traino verso il campo delle competenze! Invece da qualche decennio passa un messaggio diverso: è come se ci invitassero ad insegnare a saper fare senza insegnare su cosa saper fare! E aggiunho una cosa importante: se non partiamo dalle conoscenze, come facciamo a motivare i nostri studenti? Mi si potrebbe obiettare che non sempre i contenuti che noi passiamo loro sono così interessanti per loro e non sto qui a negarlo: però sono sempre dell'idea che noi sappiamo trovare sempre il modo e lo strumento giusti per interessarli! 
E passiamo al punto 4: si parla della necessità di convocare gli  "Stati generali della Scuola". Non ho competenze giuridiche così strutturate per dire se questo sia possibile e fattibile a livello costituzionale, ma sicuramente concordo con il fatto che finalmente - in vista di una necessaria riforma del Sistema Scuola- dovrebbero essere coinvolti  gli insegnanti: non ci serve, quindi l'ennesima riforma calate dall'alto! Ci serve un lavoro di consultazione e collaborazione tra pari, anche senza un nome di riferimento! Perché la scuola cambia alla velocità della luce: i ragazzi che oggi abbiamo in classe non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli che sedevano dietro gli stessi banchi anche solo cinque anni fa! Le difficoltà aumentano, le motivazioni scendono, gli interessi si evolvono, le capacità si trasformano, le psicologie mutano.
Al punto 5, poi, si chiede  una necessaria e imprescindibile "riduzione del numero degli studenti per classe". In questo la pandemia ci ha aiutato, andando a toccare finalmente il nerbo scoperto! Andrebbero abolite d'ufficio e con un colpo di spugna le famigerate classi pollaio! E non tanto e non solo per un fatto di sano e imprescindibile distanziamento fisico, pandemia o non pandemia, ma anche e soprattutto in vista di una qualità dell'insegnamento! Abbiamo toccato con mano cosa significa- a prescindere dalla tragicità del momenti-  avere meta degli studenti in classe: più spazio vitale, più aria che circola, più attenzione, meno possibilità di distrarsi, più possibilità per noi docenti di dedicare tempo personalizzato a ciascuno di loro! Facciamo in modo che questo diventi un modo di fare scuola, dimezzando il numero degli studenti in classe ed ergendo questa condizione a status! 15, massimo 20 studenti per classe sarebbe l'optimum! Come fare? Ad esempio assumendo le centinaia di migliaia di precari che esistono e hanno tanta competenza da mettere in campo! Come pagarli? Non ho competenze economiche così strutturate per fare proposte, ma credo che la pandemia ci abbia insegnato cosa vuol dire rischiare di perdere tutta la nostra gioventù abbandonata a casa... 
Il punto 6, infine, non ha più senso di esistere, dato che abbiamo ormai da giorni un nuovo Ministro dell'Istruzione, il Prof. BIANCHI. Si chiedeva "un intellettuale di valore universalmente riconosciuto" e la cosa mi piacerebbe molto proprio come "segnale di una svolta culturale", ma secondo me non è neanche un elemento così dirimente: bastano, al limite, anche la suddetta conoscenza approfondita del mondo della scuola. Una conoscenza fatta di anni di onorato servizio, cambiamento di sede, conoscenza di diversi ordini di scuola, ore e ore passate a programmare su base annuale e non solo, impostare lezioni, compilare moduli di ogni genere, preparare e poi correggere verifiche, valutare, ricevere genitori, ascoltare i ragazzi e tutte le loro paturnie e difficoltà vere. 
Sudare dietro la cattedra, amando però il lavoro che si fa e il privilegio che si ha.

E da "La scuola dei miei sogni" è tutto...

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