Sul Liceo Classico in calo

In questi giorni si rincorrono sui giornali e sui social contributi di diversa natura in merito al vertiginoso calo delle iscrizioni al liceo classico, sceso per il prossimo anno al 5,8%. 
Ne parlavo proprio stamattina con una collega,  con la quale di rifletteva sulla maggiore o minore possibilità di lavorare se si investe sulla classe di concorso "Discipline letterarie, latino e greco" o "Discipline letterarie e latino". LA RISPOSTA, PURTROPPO, VENIVA DA SÉ, senza alcuna possibilità di appello. 
Se le iscrizioni al classico continuano a scendere, conviene investire sulla A11, non sulla A13, nella quale si rischia di diventare sovrannumerari in pochi anni. 
Triste, ma vero. 
A tal proposito, nei giorni scorsi ho letto commenti di ogni sorta: dalla pura e semplice "chiacchiera da bar" (che ormai da poco più di un decennio è approdata sulle pagine dei social, in maniera particolare Facebook, meno "giovanile" di altri sui discendenti diretti, in cui è meno facile pubblicare interventi e più immediato pubblicare selfie e video) all'articolo più argomentato e probante, con tanto di dati e opinioni autorevoli. Tra questi ultimi, mi piace citare quello di Gianfranco Mosconi, una vera autorità in campo di studi classici. In un suo bell'articolo pubblicato oggi su "Domani" (bello anche il gioco di parole...) lancia un vero e proprio grido di allarme a proposito del continuo calo delle iscrizioni alla strada della Classicità! Non si tratta solo di un trend momentaneo, ma di una presa di posizione! Siamo di nuovo nel periodo in cui si ritiene che gli studi classici non SERVANO. Perché in realtà non devono "servire" (nel senso letterale del termine), ma formare! 
Formare a cosa? Agli studi successivi, se ci saranno; alla "semplice" vita in caso contrario. A tal proposito qualche anno fa ho letto una bella apologia del latino nel saggio di Nicola Gardini intitolato appunto "Viva il latino lingua inutile", che vi invito a leggere se non lo avete già fatto (per un "assaggio" veloce, vi rimando ad una mia pseudorecensione, che trovate qui:  Viva il latino). 

E in effetti il metodo della traduzione, che passa per l'analisi morfosintattica di un testo in lingua "morta", plasma il cervello come poche altre attività di studio! Avete idea dell'effetto dell'analisi logica della frase semplice e della frase complessa (nota come "analisi del periodo")? Se la risposta è  no, correte ai ripari e informatevi. O, meglio ancora, provate! 
Siamo ai livelli della risoluzione di un problema matematico/ chimico/ fisico.  E non lo dico io, docente di lettere che porrebbe essere accusata di campanilismo! 
Secondo Luigi Luca Cavalli-Sforza, chè è stato un famoso genetista italiano e Professore emerito all'università di Stanford in California (quindi sicuramente non un letterato!)  la traduzione dalle lingue classiche fra tutte le attività scolastiche è "la più vicina alla ricerca scientifica, cioè alla comprensione di ciò che è sconosciuto". 
Può bastare come "letteratura" da citare? Può essere sufficiente ad affermare che su questa questione, quindi, non siamo più fermi agli aneddoti, ma finalmente siamo in presenza di veri dati di fatto? 

Perciò, meditiamo, gente, meditiamo! 

Per gli utenti di Facebook, allego il post dell'autorevole Gianfranco Mosconi, a cui devo lo spunto di riflessione. 

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